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TESTUGGINI PALUSTRI AMERICANE, CHE FARE?

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Vi ricordate quelle minuscole tartarughine acquatiche che si vendevano nelle fiere o nei negozi di animali nelle vaschette con la palmetta di plastica?Si tratta delle Testuggini palustri americane, il cui nome scientifico è Trachemys scripta, con le varie sottospecie, da quella più diffusa, dalle “orecchie rosse”, a quelle a strisce gialle . Le loro aree di diffusione originaria, come dice il nome, sono quelle del Bacino del Mississippi, Golfo del Messico, dal Texas all’Alabama , ma da decenni sono state esportate in tutto il mondo e si sono riprodotte negli allevamenti per rispondere alla crescente domanda del mercato amatoriale.Molte non sopravvivevano al primo inverno per via della cattiva gestione (alimentazione sbagliata, rachitismo, infezioni ecc.), mentre quelle più fortunate, data la loro voracità, nel giro di pochi anni raggiungevano dimensioni tali da creare problemi ai possessori. Contenitori di plastica o acquari troppo piccoli per animali sempre affamati e che, di conseguenza, sporcavano tanto. Da qui l’idea malsana di liberarle dove capitava: nei laghetti delle ville e dei parchi pubblici, nei laghi, nelle vasche di irrigazione (le nostre “gebbie”) e nei canali , insomma dovunque ci fosse un po’ di acqua stagnate, pur di liberarsi dell’ormai ingombrante ospite esotico. Con la conseguenza che la Commissione Europea è dovuta correre ai ripari, inserendo la specie nell’elenco delle specie esotiche invasive, la cui diffusione nei nostri ambienti deve essere contrastata a causa dell’impatto che la forestiera determina sulla fauna “nostrana”, dai pesci ai crostacei, agli anfibi che popolano i nostri ambienti acquatici. Per non parlare della competizione con la nostra unica testuggine di acqua dolce, la Emys orbicularis (con la sicula Emys trinacria), per i luoghi di deposizione e persino per i posti migliori per prendere il sole quando ne sentono la necessità, pratica indispensabile per la vita dei rettili. Capitolo a parte la possibile trasmissione ad altre specie di parassiti, soprattutto vermi intestinali. In parte per l’alimentazione considerato che da adulte le americane, a differenza della nostra, sono vegetariane, pur non disdegnando, quando capita, di mangiare animali, anche morti. In cattività molti allevatori non gli fanno mancare petto di pollo e persino …i wurstel!Nel tentativo di porre un freno all’invasione, sono intervenuti diversi divieti già a partire dal 1997, quando venne sospesa l’introduzione della “guance rosse” in tutti i paesi della Comunità. L’Italia si è adeguata ai regolamenti europei con un Decreto Legislativo (n. 230 del 15/12/2017) che vieta, tra le altre cose, il commercio, la detenzione, lo scambio, la cessione, nonché la liberazione in natura di individui di questa specie. Chi deteneva in casa o in giardino una Trachemys, avrebbe dovuto denunciarne il possesso al Ministero dell’Ambiente entro il 31 agosto del 2019, pena una sanzione amministrativa da 150 a 20.000 euro. Che diventa arresto fino a tre anni o ammenda da 10.000 a 150.000 per chi le rilascia nell’ambiente. Pertanto chi non ha ottemperato all’obbligo della denuncia entro quella data, non lo può più fare e la detenzione viene ritenuta illegale.In caso di rinvenimento fortuito occorre comunicarlo subito ai Carabinieri Forestali ed evitare assolutamente di rimetterle in libertà, anche perché non sono poche quelle che, durante i loro spostamenti terrestri, cadono vittime del traffico. Vista la mancanza in Calabria di centri attrezzati ed autorizzati per il recupero (non le accettano né il CRAS di Cosenza, né quello di Catanzaro), è probabile che gli stessi Carabinieri decidano di affidare in custodia gli esemplari detenuti, con l’obbligo, secondo legge, di comunicare ogni cambiamento di destinazione e il decesso. Altra cosa da evitare è quella di acquistare specie di testuggini di acqua dolce che, seppur non vietate, potrebbero nel giro di poco tempo determinare le stesse problematiche della Trachemys. Insomma, se proprio volete fare un regalo al bimbo, adottate un cagnolino togliendolo dal canile o un gatto. E gli esotici lasciamoli a godersi il sole dei Tropici.

Pino Paolillo – Responsabile Settore Conservazione WWF Vibo Valentia- Vallata dello Stilaro

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